FABBRICAZIONE

STAMPI

Lo stampo rappresenta, lo abbiamo già detto, uno dei due elementi, l'altro è l'argilla del Po, che caratterizzano la fabbricazione della pipa chioggiotta. Era fatto di piombo e questa è la principale ragione della sua attuale irreperibilità: è stato infatti destinato ad altri usi previa fusione. Lo stampo, che era preparato dallo stesso piparo, richiedeva cura particolare ed una discreta conoscenza del procedimento di fusione del piombo. Il lavoro cominciava con la scelta di due tavolette di legno duro, probabilmente rovere, dello spessore di 4 o 5 centimetri, sagomate a forma di tagliere quadrangolare, ciascuna fornita di manico. Le tavolette, sovrapposte, venivano incernierate sul lato opposto a quello dei manici. Sulle facce combacianti il piparo praticava un incavo nel quale sistemava un modello che fungeva da intercapedine e contemporaneamente sagomava il piombo dandogli la forma desiderata. Il procedimento veniva ripetuto per l'altra faccia e si concludeva quando i due semistampi combaciavano perfettamente alle tavolette. Su queste tavolette erano praticati, in senso ortogonale, due fori che mediante l'introduzione di due perni avrebbero consentito la formazione del foro sottile portacanna dal lato delle cerniere e di quello grosso per il fornello. A questo punto lo stampo era pronto e poteva venire usato. Nonostante la laboriosità del procedimenti i pipari, grazie all'abilità raggiunta in anni ed anni di lavoro, cambiavano spesso gli stampi, che erano soggetti ad usura, agevolati dalla relativa facilità di lavorare il piombo. La fabbricazione vera e propria durava qualche minuto. Il piparo apriva lo stampo, vi posava un po' di terra e lo chiudeva. Quindi tenendolo fermo con una mano per i due manici; con l'altra mano introduceva i due perni per la formazione del fornello del foro portacanna i quali facevano aderire perfettamente l'argilla alle pareti dello stampo che erano state preventivamente unte con olio e petrolio per agevolare il distacco della pipa. Tolti i perni ed aperto lo stampo la pipa veniva posta ad asciugare su delle assi opportunamente disposte. Anche questa fase del procedimento richiedeva da parte del piparo cura ed attenzione. La pipa appena estratta dalla stampo era facilmente deformabile e bisognava quindi sistemarla in modo da non rovinarne la forma e i fregi. Asciugatasi alquanto, in modo da poter essere maneggiata, le venivano praticati i fori di comunicazione dal fornello al tubo portacanna. Con un coltellino poi veniva eliminata la sbavatura prodotta dalla congiunzione dei due semistampi. L'enorme varietà delle pipe trovate a Chioggia comprova una continua modificazione degli stampi. Questa poteva essere integrale e riguardare quindi l'intero modello, oppure riferita a qualche piccolo particolare come può notare un attento osservatore al quale certo non sfuggono anche minime differenze tra una pipa ed un'altra. A questo espediente, una piccola modifica, un nuovo fregio, il piparo ricorreva per ovviare anche a difetti intervenuti per l'usura dello stampo o provocati talvolta da una imperfetta fusione del piombo. A questo si deve in parte la grande varietà di pipe oltre, naturalmente, a tutti quegli avvenimenti che imponendo nuovi personaggi o illustrando alcune mode sollecitavano la fantasia e l'inventiva del piparo.

PROCEDIMENTI TECNICI

Nel corso della sua storia secolare sono stati adottati per la pipa chioggiotta almeno due procedimenti per migliorarne le prestazioni e per abbellirla esteticamente. Il primo procedimento consisteva nell'impastare l'argilla con piccole quantità di sale o con acqua di mare. In questo modo si aumentava la porosità dell'argilla, che, dopo la cottura, assumeva un colore giallo-avorio, divenuto di moda per la diffusione delle pipe francesi, che venivano fabbricate con argilla bianca (pipe di gesso). A Chioggia queste pipe giallo-avorio si cominciano a trovare a partire dagli ultimi anni dell'Ottocento: i pipari rispondevano in questo modo alla voga della pipa francese ma miglioravano contemporaneamente la funzionalità, a causa della maggior porosità, della loro produzione. Infatti l'argilla resa più porosa dall'azione del sale consentiva un maggior assorbimento degli umori del tabacco. Il secondo procedimento, molto più antico, è ipotizzabile che non si sia esteso al di la dei primi anni dell'Ottocento, consisteva nella vetrinatura (smaltatura con rivestimento vetroso), che veniva effettuata solo sulla superficie esterna della pipa. La vetrinatura ha rappresentato fino a qualche anno fa un grosso problema per gli appassionati della pipa chioggiotta. A Chioggia erano stati trovati numerosi reperti di pipe smaltate ma mai si era raggiunta la prova che questo particolare procedimento fosse stato attuato dai pipari locali. L'opinione più comune era che queste pipe potessero provenire da altri centri di produzione ai quali sarebbero state affidate magari per la sola smaltatura. Un ritrovamento fortuito ha tuttavia consentito di chiarire in modo inoppugnabile che la smaltatura della pipa veniva effettuata a Chioggia. Lungo un argine del canale Lusenzo, in parte crollato per uno sbancamento, è stato trovata una grande quantità di pipe di scarto, senza dubbio della stessa infornata troppo cotte, deformate o addirittura fuse. Un buon numero di queste pipe era ricoperto da uno strato vetroso, opaco-terroso cioè con le caratteristiche di una vetrina smagrita, troppo cotta e quindi volatilizzatasi per l'alta temperatura del forno e quindi assorbita dal materiale circostante. L'importanza della scoperta deriva tuttavia dal ritrovamento tra le pipe di alcuni rotolini di terra cotta, lunghi sei-otto centimetri, che si rastremano passando da un diametro di 15 mm ad una delle estremità ad uno di 6-7 mm nell'altra.

Questi piccoli pioli, stranamente simili a piccole clave, portano segni inequivocabili di smaltatura. Insieme con le "clavette" furono trovati alcuni frammenti che, ricomposti, diedero la figura di un mattone convesso su un lato e simile ad un semicilindro. Sulla faccia convessa è stata praticata una serie di fori disposti su file parallele ed inclinati rispetto all'altezza del mattone nei quali entrano perfettamente le clavette che servivano a sostenere le pipe durante la cottura dello smalto.

Supporto per la cottura

di pipe smaltate

I segni di smalto riscontrati sulle clavette saranno dunque senz'altro colati dalle pipe durante la cottura. La cottura dello smalto esigeva da parte del piparo precauzioni particolari. La serie dei simicilindri con le pipe da smaltare veniva protetta con dei coppi in modo da formare una muffola che aveva come riparo superiore un vaso di terra del tipo da fuoco. Questi coppi ed il vaso, tutti con i segni di un processo di fusione, sono stati trovati accanto ai semicilindri e alle clavette. Un'infornata andata a male per l'eccessiva temperatura del forno ci consente, a seguito di un ritrovamento veramente fortunato, di stabilire che la smaltatura era senz'altro praticata dai pipari di Chioggia. Lo studio stratigrafico dei reperti e la loro comparazione con altri ritrovamenti consente inoltre di precisare che il procedimento di smaltatura non fu praticato oltre i primi anni dell'Ottocento. La pipa smaltata era sicuramente più bella di quella in terra cotta naturale, ma presentava l'inconveniente di non poter essere rigenerata come si usava fare per quell'altra, meno appariscente ma più duratura ed economica. Perché sia stato abbandonato il processo di smaltatura non è facile stabilire. Ci può essere stato il concorso di numerosi motivi: la naturale decadenza di un'attività che era arrivata al suo culmine, l'impoverirsi della capacita` tecnica ed infine, non ultime, ragioni di carattere economico.

L'IMPORTAZIONE

Pur essendo centro di produzione, Chioggia importava delle pipe che giungevano, come documentano vari ritrovamenti, da Venezia.

Queste erano in terra bianca, del tipo olandese, e portavano impresso il marchio del Leone di S. Marco o il WM, segni incontestabili di una fabbricazione veneziana.

marchi impressi su pipe di importazione

Se i rapporti commerciali con Venezia appaiono scontati data la vicinanza di questa città a Chioggia e la presenza di pipe veneziane nel centro minore appare quindi del tutto naturale, non mancano di sorprendere alcune pipe di foggia orientale, probabilmente turche, molto ben rifinite, levigate e con decorazioni a rotella e a stampino eseguite dopo la formatura. Alcune di esse sono state trattate col procedimento della terra sigillata un impasto particolare col quale veniva rivestita la pipa. Altre zone di provenienza di pipe importate a Chioggia sono l'area Austro-Ungarica e la Francia. Il discorso sull' importazione non può naturalmente trascurare le pipe di Bassano del Grappa, un centro di produzione sviluppatosi dopo quello di Chioggia, ma assai attivo a cominciare dall'inizio dell'Ottocento. Bassano, che non ha mai prodotto una pipa caratteristicamente locale, ha rappresentato tuttavia una specie di sintesi della produzione italiana e straniera allora in voga. A compenso di un'originalità che non c'era, Bassano istituì vari marchi di fabbrica per rendere riconoscibile la sua produzione.

Sicuramente d'importazione sono anche le pipe eseguite al tornio, portate a Chioggia dai venditori di pignatte, che vi giungevano nei giorni di mercato prevalentemente dal vicino Polesine.

Sezione di pipa eseguita al tornio

La pipa al tornio, per la particolare fattura, può a buon diritto essere considerata l'antenata delle pipe a camera d'aria. Essa infatti, sotto il fornello, ha una camera più o meno grande, che comunica da una parte con lo stesso fornello e dall'altra col tubicino portacanna. La camera d'aria, risultato del particolare tipo di esecuzione, poteva, se sufficientemente grande, servire a raffreddare e depurare il fumo. Per quanto si riferisce all'esecuzione di questa pipa, essa avveniva in due momenti: dapprima veniva realizzato il fornello con la sottostante camera d'aria, separati da un diaframma e quindi il tubicino portacanna che veniva saldato al corpo della pipa con terra morbida. Alcune di queste pipe sono verniciate all'esterno con le stesse cristalline usate per pignatte e scaldini. L'importazione di questi utensili ed insieme quella delle pipe al tornio ci consente di tornare su un particolare già prima accennato. A Chioggia, s'è detto, non esisteva attività ceramica: l'importazione delle pignatte e degli scaldini ne è prova sicura. L'unica attività era quella delle pipe che, come sappiamo, venivano prodotte in grandissima quantità.

IL MARCHIO

Il marchio costituisce elemento peculiare della pipa chioggiotta per la sua costante assenza. Generalmente il piparo marchiava il suo prodotto dopo la stampatura. Questo procedimento, per quanto si riferisce alla pipa chioggiotta, non è mai stato eseguito. Lo si ritrova in pipe veneziane, in quasi tutte le pipe di Bassano, in quelle di Chioggia mai. Compare talvolta nella pipa chioggiotta una sigla, probabilmente le iniziali del piparo, che vengono pero direttamente incise nello stampo. Spesso esse risultano capovolte sulla pipa e a rilievo.

Pipa con marchio

25 2°p H.59 L.48 h.40 D.20 d.8 f.3

Fornello ovoidale allung.

Terra rossa, Canale Lusenzo

 

Piparo al lavoro

Stampo aperto

Stampo chiuso

e perni

Pipa di importazione

20 H.60 L.55 h.46 D.16

Fornello cilindrico fondo piano

Terra rosso cuio chiaro

Laguna

Pipa di importazioni Turche

11 H.37 L.48 h.30 D.17 d.9 f.1

Fornello cilindrico

Terra bianca

Laguna

Pipa di importazioni Turche

12 H.36 L.55 h.26 D.24 d.10 f.1

Fornello tronco conico

Terra grigia

Laguna

Pipa di importazioni Turche

15 H.38 L.53 h.28 D.20 d.12 f.1

Fornello cilindrico

Terra cuoio grigio

Canale Lombardo